Usa Trip Day #15:  Think Different.

Sono le 3 del mattino, mi sveglio sudato, non riesco più a dormire, probabilmente per colpa di un incubo. Con la vista ancora appannata guardo il telefono e mi accorgo che qualcosa non va. Vista la miriade di notifiche indicanti lo stesso argomento avevo realizzato qualcosa, ma non volevo crederci, non volevo convincermi di aver capito tutto così in fretta.

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Eppure è andata proprio così, quelle notifiche e quei messaggi segnalavano la fine di un’era, la morte di un eroe, il termine di una grande sofferenza. Steve Jobs, il mio grande mentore non c’era più. Tutto succedeva circa 3 anni fa, il 5 ottobre del 2011.

Da quel giorno è come se un piccolo pezzetto di me fosse andato via con lui, ricordo ancora le lacrime versate. C’è stato chi mi ha dato del patetico infantile per aver pianto per una persona che neanche conoscevo, ma non m’importa, per molti Apple è solo una moda, cosa che odio, per altri è una forma di ribellione, un modo diverso di vedere le cose, un mondo completamente unico, una nicchia. Non sono semplici prodotti, sono storia, leggenda, passione, amore, odio, tradimento, sofferenza, determinazione…

Ho seguito Steve Jobs per moltissimi anni ispirandomi tantissimo a ciò che faceva: non era di certo un tecnico, però sapeva come arrivare al cuore delle persone, sapeva come conquistarle ed ammaliarle, sapeva come catturarti e farti pensare per un attimo di essere diverso. Anche se non ho mai conosciuto Steve di persona, lo reputavo come un “nonno” lontano, proprio perché, esattamente come mio nonno prima di un gran brutto giorno, sapeva consigliarmi, darmi una via d’uscita, farmi credere diverso per un attimo; come a me, questo succedeva a tante persone.

Il fatto che io abbia pianto alla notizia della sua morte non si tratta di infantilità, mi sentivo come privato di una guida, privato da una persona che, seppur non parlando direttamente con me, mi spingeva ad andare avanti, a non mollare mai, a lottare per quello che volevo, e a sognare di poterlo conoscere un giorno, anche solo per stringergli la mano e dirgli un semplice “Thank you”, tuttavia, in poco tempo ho realizzato che questo non sarebbe mai più stato possibile.

Non mi vergogno assolutamente a ripetere quanto io abbia pianto per la notizia, anzi, sono orgoglioso di aver avuto qualcosa in cui credere e qualcosa per cui andare avanti e lottare (cosa che faccio tuttora per ottenere un posto di lavoro nell’azienda dei miei sogni, e non mi fermerò finché non ci sarò riuscito). A differenza di molti, sono sereno sul fatto che almeno il mio cervello non era e non è vuoto: ho una passione più forte di me e la porto avanti con tutto me stesso, fine.

Lunga ed obbligatoria digressione a parte, oggi era il grande giorno: il momento di entrare per qualche ora nella storia.

La partenza per Cupertino era fissata per le 10, ed ovviamente siamo partiti puntuali.

Certo, puntuali come Internet Explorer sul sito Trenitalia (questo è un vero connubio di ritardi, signori).

Da San Francisco a Cupertino non è così lunga, circa un’oretta, tempo in macchina che come al solito scorre piacevolmente qui in America: è normale vedere camion giganti, macchine strane, migliaia di corsie larghe e, seppur ci sia la presenza di numerose macchine, il traffico è davvero scorrevole. Traffico che rimane scorrevole anche quando la polizia ferma qualcuno a bordo della strada; già, qui non rallentano per guardare cosa succede creando code chilometriche (IL polemico colpisce ancora).

 

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A dir la verità, sulla strada per Cupertino ero un misto tra un bambino che stava per arrivare al meraviglioso Amico Giò (ve lo ricordate?) ed un sonnambulo che non realizza dove stia andando finché non inciampa, cade di faccia, si sveglia e capisce che non è più a letto.

Insomma, vi rendete conto cosa voleva dire per me? Arrivare nel posto dove tutto è iniziato, dove si estende la Silicon Valley, famosa zona della California in cui sono nati praticamente tutti i dispositivi tecnologici che usate giornalmente. No, nella Silicon Valley non è pieno di ragazze col seno rifatto, Silicon deriva da “silicio”, che è il materiale con cui sono fatte le schede madri/logiche dei vari dispositivi; Silicon Valley sta appunto per “Valle del Silicio”.

Specificazioni obbligatorie a parte, la prima tappa è Infinite Loop 1, ovvero la sede di Apple. A dire il vero, la meta è una semplice foto di rito che si fa dall’esterno in quanto, purtroppo, come il 90% delle aziende nella Silicon Valley (vedi Google, eBay, Facebook..etc) non è possibile fare tour all’interno a meno che non si conoscano dipendenti che vi accompagnino direttamente.

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Poco dopo l’uscita dall’autostrada verso Cupertino, lentamente comparivano vari cartelli con mele morsicate stampate sul fronte, doveva esserci sicuramente un grande fruttivendolo nei paraggi, anche se è strano, qui non è campagna.

Ogni colore per il logo indica un dipartimento diverso o un edificio in particolare, pertanto, non c’è solo la sede e il campus (i quali sono già grandissimi) ma anche molti edifici prima di arrivare ad Infinite Loop 1.

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Un paio di svolte ed ecco subito comparire da dietro le piante lei, la sede principale, gli “Headquarters” dell’azienda che ha rivoluzionato la tecnologia. L’ambiente è molto “ECO”: campi ovunque, prati tagliati ed in ordine, panchine per rilassarsi, spazi per camminare, piante curate e nessuna cartaccia per terra.

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Dopo una botta di cu…fortuna improvvisa, abbiamo trovato parcheggio e ci siamo subito diretti verso il “Company Store”, il famoso negozio dei dipendenti accessibile a tutti (quindi il nome rimane un mistero). All’interno è possibile acquistare i dispositivi prodotti dall’azienda, gli accessori originali e di terze parti, per poi concludere con tantissimi gadget unici e rari realizzati appositamente per persone come me che entrano e firmano direttamente per l’ipoteca sulla casa senza passare dal via (ho dovuto vendere addirittura Parco della Vittoria e Largo Augusto per riuscire a pagare il conto).

Nel momento in cui sto scrivendo l'articolo, indosso questa maglietta. Potevo forse lasciarla lì?
Nel momento in cui sto scrivendo l’articolo, indosso questa maglietta. Potevo forse lasciarla lì?

Ecco quindi un po’ di foto del Company Store e degli accessori disponibili:

La media dei prezzi è relativamente bassa: una maglietta varia tra i 19,95$ e i 19,99$, una tazza costa circa 15$, l’ombrello 19,99$, i portachiavi circa 8$ e così via. Dopo aver visto la cover per l’iPhone 6 non ho resistito, così come con le magliette varie, e gli accessori, il portachiavi, la ricarica iTunes per lo store americano, altre magliette….ricordate la storia dell’Amico Giò? Ecco, pensate ad un sacco di scaffali vuoti e ad un uomo in mutande che piange perché ha speso troppo ma è felice di averlo fatto.

D’altronde, in posti del genere non si ha la possibilità di andarci tutti i giorni (purtroppo o per fortuna? Questo è il dilemma.), quindi è meglio approfittarne subito.

Una volta usciti dal Company Store ho subito notato un cartello che mi ha fatto riflettere:

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In tutta la proprietà Apple non è possibile fumare, quindi, come fanno i dipendenti fumatori?

Tuttavia, questo tipo di divieto è davvero molto diffuso in America: ad esempio, normalmente non è possibile fumare vicino alle vetrine dei negozi, bisogna mantenere 15 piedi di distanza; così come non è possibile fumare in molte aree esterne dei locali, bisogna allontanarsi. Vita dura per i fumatori in America!

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Ed ecco la famosa foto di rito davanti al cartello indicante il primo stabilimento di Infinite Loop, l’ingresso principale dove spesso passano persone del calibro di Tim Cook, Jony Ive, Phil Schiller e molti altri, anche se hanno il parcheggio interno.

Ma anche in questo posto per me sacro, non sono mancati i veri protagonisti di questo viaggio in America, loro:

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Ma quanti sono? Sono dappertutto! Sono ovunque, esattamente come la gente convinta che l’iPhone 6 Plus si pieghi come una banana!

Chiariamo una cosa: non ho nulla con i cinesi, non mi hanno fatto nulla e non sono razzista, tuttavia non posso negare che siano davvero OVUNQUE.

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L’ingresso è davvero meraviglioso, e vederlo per la prima volta con i miei occhi è un’emozione incredibile.

Ecco, vedete quei vetri che caratterizzano le porte d’ingresso? Mi ci sono stampato per circa 15 minuti sbavando ripetutamente mentre guardavo internamente, un po’ come un tenero bimbo che continua a chiedere un gelato nonostante le negazioni e vede altri bimbi che lo mangiano allegri. Io volevo il mio dannato gelato.

Ero completamente imbambolato, potevano togliermi i vestiti e rivestirmi con indumenti da donna: non me ne sarei accorto. Tuttavia, mi sono accorto del tipo che, come se niente fosse, ha aperto la porta su cui io ero imbambolato. Il dentista sarà felice di rivedermi una volta tornato in Italia.

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Dopo aver visto la signora delle pulizie che puliva la mia bava, ci siamo diretti a fare una passeggiata attorno alla sede: Infinite Loop è praticamente un cerchio, quindi, continuando a camminare, o si torna all’ingresso oppure si arriva in Cina (che, vista la foto di prima è più o meno lo stesso).

Come potete vedere dalla foto qui sopra, la maggior parte delle aziende americane sono davvero “Eco” come vi dicevo poco sopra: sono moltissime le macchine elettriche disponibili ed utilizzate per gli spostamenti minori e non. I parcheggi sono muniti di stazioni di ricarica che permettono a dipendenti e visitatori di non rimanere a piedi permettendo alla loro macchina di caricarsi mentre loro sono impegnati in altre faccende. Preparatevi, tra circa 80 anni sarà così anche in Italia.

C'è sempre quello che se ne infischia delle auto elettriche e gira con una bella Camaro fiammante; è un vero peccato che non sia io.
C’è sempre quello che se ne infischia delle auto elettriche e gira con una bella Camaro fiammante; è un vero peccato che non sia io.

Dopo aver fatto una bella passeggiata attorno al campus ed aver visto gli ingressi dei vari dipartimenti, ci siamo rimessi in macchina alla volta del garage dove tutto è nato: l’ex casa di Steve Jobs.

Per rispetto, non scriverò l’indirizzo di casa, anche se, con una facile ricerca, è possibile reperirlo in internet.

La casa dei Jobs di trova a Los Altos, vicino a Palo Alto, a pochi minuti da Cupertino. La zona è davvero molto bella e tranquilla, è il tipico quartiere americano con le villettine ordinate con il prato tagliato e poche recinzioni (non si usano molto qui), insomma, il classico quartiere dove tutti vorremmo vivere; quello dove ti presenti ai nuovi vicini portando una torta, dove vedi i tuoi bimbi giocare a lanciarsi la palla da football in giardino e dove organizzi barbecue assieme agli amici.

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Eppure, in quel quartiere, c’è stato chi, anziché fare questo, si è chiuso in un garage con idee geniali e le ha sviluppate creando prodotti che hanno fatto la storia.

Era l’aprile del 1976 quando il primo Apple I fu presentato al pubblico dopo esser stato assemblato in tempo record da Steve Jobs, Steve Wozniak e vari aiutanti che sarebbero poi diventati i primi e fondamentali dipendenti Apple.

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Tutto nasceva nel garage che vedete alle nostre spalle: io ho iniziato a tremare e ad avere i brividi dal momento in cui sono sceso dalla macchina fino al momento in cui non volevo girare il viso per andarmene.

Steve Jobs in una rara foto del 1996 davanti a quello stesso garage
Steve Jobs in una rara foto del 1996 davanti a quello stesso garage

Voglio dire, camminare sul suolo dove sai che hanno camminato persone leggendarie, guardare con i tuoi occhi la casa dov’è cresciuto il tuo mito, osservare il garage dove sono nati prodotti meravigliosi immaginando cosa potesse accadere all’interno ed infine fissare la porta nella speranza che qualcuno comparisse dicendo “entrate pure a vedere se volete” sono emozioni che non hanno prezzo e che lasciano il segno, brividi che scorrono lungo tutto il corpo come poche volte nella vita.

Steve Wozniak & Steve Jobs in uno dei più famosi scatti col primo Apple I
Steve Wozniak & Steve Jobs in uno dei più famosi scatti col primo Apple I

Ho comprato una t-shirt oggi con la frase “I left my heart in Cupertino”, ci credo sempre di più.

L’unico motivo che mi ha permesso di andarmene da quella casa storica, oltre al fatto di sembrare uno Stalker, era il fatto che c’era ancora una tappa importante da fare: l’Alta Mesa Memorial Park, luogo in cui Steve è sepolto.

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L’Alta Mesa Memorial Park si trova a poche miglia dal Garage che avete visto poco fa ed è il tipico cimitero americano: un grande parco con molto verde, possibilità di entrare in macchina, tombe classiche e tombe più semplici messe a terra, senza lapide.

Tra i vari personaggi illustri sepolti qui, c’è anche David Packard, co-fondatore della famosa Hewlett-Packard (abbreviata in HP), nota produttrice di stampanti, multifunzioni e computer. HP è stata una società importante nella storia di Apple in quanto Steve Wozniak, co-fondatore di Apple assieme a Jobs, lavorava proprio per Hewlett-Packard prima di sentirsi deriso per un progetto rivoluzionario ed essere incoraggiato da Steve Jobs a creare qualcosa di nuovo da zero.

La tomba di Steve non è stata facile da trovare, non tanto perché il cimitero sia grande ma solo per il fatto che non sia nominale e non ci sia nemmeno una lapide informativa. Già, proprio nulla se non qualche omaggio di fan che come noi hanno voluto rendergli omaggio a modo loro.

Anche se non me la sentivo molto, ho fatto alcune foto con l’iPhone da tenere come ricordo, tuttavia non le pubblicherò ne qui, ne su Facebook e nemmeno sul mio Photostream di iCloud dedicato al viaggio. Non è mia intenzione mancare di rispetto alla famiglia in questo modo, pertanto, come già detto, rimarrà un esclusivo ricordo mio.

Dopo la visita alla tomba, ci siamo fermati a mangiare in zona Mountain View e abbiamo registrato il vlog numero 5 (anche se si vede che sono ancora emozionato):

 

Questa giornata rimarrà impressa nel mio cuore e nella mia mente per tanto, tanto, tanto, tanto tempo, ne sono sicuro. Ho avuto modo di toccare con mano ciò che più mi ha appassionato in questi ultimi anni, e ho avuto modo di rivivere, nel mio piccolo, la mia storia che mi lega ad Apple, a partire dal mio primo iPhone, il primo iPad, le prime guide per il Mac, i primi tempi come blogger di iSpazio e molto altro, è stato bellissimo anche questo.

Andarmene da ogni singolo luogo mi ha fatto molto male, avrei voluto restare, fissare qualsiasi cosa, aspettare la fine della giornata per iniziarne un’altra, sempre lì, dove sogno costantemente di poter lavorare e vivere esperienze uniche, ma so che i momenti belli non durano per sempre e proprio perché sono stati così brevi ed intensi saranno ricordati per sempre nella mia mente più di qualsiasi altra fotografia. Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa gli altri possano pensare, io oggi mi sono emozionato come non accadeva da tanto tempo e sono orgoglioso di poterlo raccontare a tutti, esattamente come un genitore che fa sorridere il proprio figlio raccontandogli una bella favola prima di dargli il bacio della buonanotte.

 

 

Quando riesci ad arrivare al cuore di qualcuno, non c’è più limite

– Steve Jobs